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Manduria

ManduriaComune di 178,33 Kmq sito a 36 Km a sud-est del capo luogo e a 79 metri sul livello del mare nelle Murge tarantine.

Gli abitanti, detti manduriani, sono 31.453. Il patrono è San Gregorio Magno, figlio dei santi Gordiano e Silvia e dottore della chiesa, che ha legato il suo nome oltre che alla santità al canto gregoriano. Il suo culto si è inserito nella storia di un territorio fortemente legato alle leggende che fanno capo a un presunto sbarco di san Pietro su questa costa e al culto antico di nostra signora Concetta senza macchia, del quale abbiamo notizia dall’abate Pacichelli. A Gregorio si riconobbe il merito di patrono in quanto signore della fede e della civiltà, rinnovatore delle arti.

Lo stemma raffigura un mandorlo che emerge da un pozzo sistemato su di un manto erboso; ai lati dell’albero le lettere F e M , iniziali, forse, dei termini Fons Mandurinum.

Il toponimo secondo alcuni storici deriverebbe dal termine messapico mand, che vuol dire cavallo, ma fu chiamata anche Venturo, Mandurion, Mandurin, Mandula. Varie sono le tesi e le ipotesi sull derivazione del toponimo; il Mazzocchi lo fa derivare dall’ebraico madad, oppure dal caldaico medar che significa luogo in declivio e ritiene che a fondarla furono i Tirreni; il Papatodero fa, invece derivare il nome dall’ebraico mazur (femminile mezura) che vuol dire fortificazione e ritiene che fu una fortezza degli Oritani; il Marciano divide il nome manduriov in man e ouria, traducendolo in dipendente da Oria, e ritiene che sia stata fondata dai Cretesi di Minasse; l’Arditi, infine, sostiene l’origine del nome dai termini madal, medar o mazur per cui avvalora il concetto di fortezza o dell’essere in pendio, escludendo la dipendenza da Oria.

Il territorio risulta frequentato sin dall’età neolitica e abbiamo la permanenza documentaria di un villaggio contraddistinto dalla presenza di ceramica geometrica Japigia, di testimonianze della prima età del ferro provenienti da un ripostiglio con metallo lavorato e sicuramente fu una delle più importanti città della decapoli messapica. Era la prima città che i Tarantini incontravano andando verso est. Ebbe una zecca e monete sue proprie ed era circondata da ingenti mura sotto le quali, come racconta lo storico Plutarco nelle sue Vite Parallele (Vita di Agide, 3 capitolo) morì Archidamo, re di Sparta chiamato dai Tarantini in aiuto contro i Lucani e i Messapi; l’episodio viene raccontato anche da Diodoro Siculo. Manduria fu il centro principale della Messapia antica e, prima di Roma, la diretta antagonista di Taranto alla quale contese la supremazia sulla terraferma con guerre interminabili. Conobbe il giogo delle dominazioni da quella dei Tarantini a quella dei Cartaginesi (è Tito Livio, nel libro XXVII Dalla fondazione di Roma, a narrare di questa prima sconfitta subita dalla cittadina a opera dei Cartaginesi durante la seconda guerra punica) a quella dei Romani. Era il 209 a. C. quando Quinto Fabio la prese con la forza e inviò a Roma quattromila cittadini come ostaggio riducendo la città al rango di oppidum: Quintus Fabius consul oppidum in sallentinis Mandurim vi cepit. Il territorio seguì poi, le sorti di Roma e fini per cadere sotto il giogo dei Goti (Totila la occupo nel 476), dei Saraceni che la saccheggiarono nel 924, dei Turchi. Se ne stette negletta e dimenticata, impoverita e oscura, fino a quando nel secolo XI, nel 1090, per volontà di Ruggiero il Normanno, fu riedificata con il nome di Casalnuovo. Della struttura medievale troviamo tracce nella sistemazione delle piazzette, dei vicini e dei larghi del centro storico.Diviene, poi, proprietà dei principi di Taranto e, dal 1339, è documentata la succesione del feudo alla famiglia Hugot, alla quale, nel secolo XV successe la famiglia de Tremblayo e, quindi, la de Raho, la Montefuscoli, la Dentice, la Castromediano dai quali passa ai Bonifacio e, poi, al Cardinale di Milano, san Carlo Borromeo, il quale la vendette alla famiglia genovese degli Imperiali alla fine del Cinquecento. Nel Cinquecento e nel Seicento il casale si sviluppa e si assiste a una notevole crescita demografica e urbanistica e cosìi per tutto il Settecento. Nel XVII secolo, precisamente nel 1789, tornerà a chiamarsi con l’antico nome per concessione di Ferdinando IV di Borbone.

Città di antica cultura, quella messapica, assimilò, come tutto il Salento meridionale, la civiltà bizantina sia per i lunghi scambi commerciali sia per l’apporto dei monaci brasiliani, dando vita a quella particolare civiltà, fatta di elementi antichi, latini, bizantini, medievali e moderni, che è tipica del leccese. Manduria è per la sua tradizione culturale molto vicina a Lecce e, per tutto, basti pensare al barocco che sfolgora dovunque.

A ricordo del ruolo difensivo svolto dalla città messapica restano le mura messapiche, tre cerchi concentrici costruiti di pari passo con l’espansione stessa della città. Ubicati a sud-est della città moderna i resti si compongono della cerchia più antica, del principio del V secolo a. C. dallo spessore di circa due metri e fu costruita certamente per proteggersi dalla vicina Taranto. La cinta esterna, di forma pseudo-ovale, è costituita di blocchi squadrati in forma di parallelepipedo e di cubo con struttura tipica dell’opus quadratum; le mura erano servite da strade e intervallate da porte di accesso alla città forse quattro che corrispondevano ai punti cardinali.
Lungo le mura, fra la cinta esterna e quella interna, correva una strada utilizzata nei periodi di guerra o durante gli assedi. La cinta intermedia o terzo muro fu costruita certamente in tempo di pace in quanto il materiale usato proveniva da cave lontane. Sono presenti ancora, oltre ai resti delle mura, tracce degli ampi fossati, delle strade di cinta ed di arroccamento, delle grandiose porte e delle torri di difesa.

La fama di Manduria è legata anche alla presenza del cosiddetto fonte pliniano una grotta naturale sul fondo della quale sgorga una sorgente di acque carsiche, convogliate in una fontana dove, grazie a un sistema di vasche, mantengono un livello costante. Il nome attuale del fonte deriva dalla descrizione che ne fece li scrittore latino Plinio il Vecchio, il quale, nel libro II della Historia naturalis ricordava il lacus proprio per il livello costante delle acque.
Il fonte, una grande caverna naturale di 18 metri di altezza alla quale si accede attraverso una scala a due rampe con venti gradini scavata nella roccia, fu anticamente adibito al culto di un nume, probabilmente una divinità delle acque e nell’appellativo popolare scegnu, secondo alcuni, è da riconoscere la derivazione da genio, cioè nume tutelare. Nella zona esistono almeno quattro ipogei anologhi, grotte naturali oppure scavate nella roccia dai Messapi e ugualmente muniti di scale di accesso e lucernario. Il fonte pliniano è presente nello stemma del paese almeno a partire dal 1572.

Unico esempio dell’architettura civile barocca a Manduria rimane la presenza di splenditi palazzi, tra cui il Palazzo degli Imperiali, o delle cento stanze, costruito, nel 1719, sulle rovine di un castello di epoca normanna, per volontà del principe Michele Imperiale e su un disegno dell’architetto leccese Mauro Manieri. A pianta quasi quadrata (l’edificio misura 59 metri di fronte, 60 di lato e 21,50 di altezza) ha la facciata, impreziosita da una balconata ornata di geroglifici in ferro battuto, presenta quarantadue finestre inquadrate da cornici piatte e sagomate e su uno spigolo ancora oggi si può ammirare lo stemma della famiglia Imperiale.
Severo il portale di ingresso, con arco e colonne doriche, che precede il cortile interno, occupato da due imponenti scale a loggiato, e nel quale i balconi, retti da grandi mensole, sono resi più leggiadri dalle colonne della balaustra. Il feudatario lo utilizzò soprattutto come residenza per la caccia al cinghiale.

Il centro storico è ricco di altri splenditi palazzi tra cui quello dei signori Gigli e quello dei Dragonetti, cinquecentesco edificio detto anche palazzo Bonifacio, quello dei Corcioli-Giannuzzi, in cui si possono ammirare elementi del Seicento e del Quattrocento, palazzo Gatti, palazzo Pasanisi e palazzo Carcioffa.

Di notevole interesse la Biblioteca comunale intestata a Marco Gatti, presso la quale sono raccolti vari reperti archeologici e circa venticinquemila volumi, su alcuni dei quali sono preziosei iscrizioni in lingua messapica.

La torre dell’orologio, edificata alla fine del XIX secolo, si trova in borgo Porticella, cosiddetto da una porta d’accesso alla città, e l’arco degli Ebrei, prospiciente il Duomo, segna l’ingresso al ghetto degli Ebrei, integralmente conservato con le casette senza finestre.

Tra gli edifici di culto un posto di rilievo merita la Chiesa collegiata, dedicata a San Gregorio Magno, di origine romano-gotica anche se il colonnato interno a tre portali si deve a un rifacimento rinascimentale. Il frontespizio è tripartito mediante paraste; il portale, datato 1535 e firmato dal maestro Raimondo da Francavilla, è retto da eleganti colonnine scolpite con bassorilievi floreali e termina in alto con una lunetta in cui è raffigurata la Trinità, mentre nei pennacoli della stessa è rappresentata l'Annunciazione. Il campanile quattrocentesco ha pianta quadrata e cinque piani ornati da balconcini, colonnine, ippogrifi e mascheroni.All’interno, che è a cinque navate ed è stato restaurato nel 1938, si possono ammirare il pulpito ligneo sorretto da quattro cariatidi femminili alate poste, secondo il Prandi, a simbolico ammonimento sulla vanità dell’umano. Nel coro è conservato un interessante ciclo di dodici statue realizzato dallo scultore Placido Buffelli.

Manduria ha sempre avuto un forte sentire religioso come testimoniano le numerose comunità conventuali passate dal territorio e il numero considerevole delle chiese tra cui ricordiamo la chiesa di Santa Maria di Costantinopoli, iniziata nel 1664 e terminata nel 1718. Ha un aspetto monumentale con facciata a due piani e una imponente cupola con maioliche policrome e all’interno, a croce latina, conserva un dipinto del pittore manduriano Pasquale Bianchi.

Ricordiamo ancora la chiesa dei Domenicani, dedicata al Rosario che sorse fin dal 1952 nei pressi di un convento; la chiesa dei cappuccini; la chiesa dei SS. Andrea e Pietro, eretta nel 975 per volontà dell’arcivescovo di Oria e di Brindisi; la chiesa di San Francesco, al cui interno è notevole il complesso absidale dalle sculture lignee del 1633. La chiesa di Santa Lucia, dallo stile neoclassico, fu progettata dall’architetto Giuseppe Cionfi di Francavilla ed è detta anche la chiesa della Rotonda, per il corpo di fabbrica, che può essere facilmente inscrivibile in un cerchio. La chiesa di san Leonardo, edificata nel 1702, presenta una facciata a lesene e nicchie di tipico gusto tardo-rinascimentale e all’interno conserva un ricco altare e una statua lignea.

La cittadina abbracciò la fede nel Vangelo probabilmente in seguito alla predicazione di Pietro e si narra che l’apostolo abbia celebrato messa in Manduria nel 45, quando, partito da Antiochia, si trovò a passare per questi luoghi diretto a Taranto e Roma. Pur in assenza di fonti documentarie a testimonianza del culto nei confronti del principe degli Apostoli, entro la cerchia delle mura, si trova la cappella di San Pietro Mandurino, complesso costituito da una chiesetta, una piccola basilica ipogea e da una camera quadrangolare che rappresenta la fase più antica, probabilmente una tomba di età ellenistica contenente degli affreschi realizzati in epoche successive con soggetti legati alla cristianità. Nella chiesa predomina uno schema rettilineo e una viva regolarità geometrica; la cripta ha una pianta a due navate divise da tre pilastri quadrangolari e nelle nicchie lungo le pareti sussistono alcuni affreschi. Nei pressi della chiesa sono state rinvenuti delle aree funerarie che hanno restituito placchette di bronzo di età altomedievale, un orecchino e quattro piccoli ornamenti a forma di farfalla. Anche in questo caso per il culto cristiano furono riutilizzate tombe più antiche, risalenti al VII-VIII secolo a. C..

Nei pressi, poi, dell’ipotetico luogo in cui sarebbe sbarcato San Pietro, sorge da tempi remotissimi il santuario di San Pietro in Bevagna, proprietà nel Medioevo dei Monaci basiliani. Un’antica iscrizione ricordava ai visitatori che la costruzione della chiesa sarebbe stata voluta dagli stessi apostoli Pietro, Marco e Andrea.

Nel territorio di Manduria si trovano torre Columena e la torre di San Pietro in Bevagna, torre dalla pianta a stella che, secondo Primaldo Coco, fu edificata dai monaci del monastero di san Lorenzo di Aversa verso la fine del secolo XV, mentre secondo il Faglia la sua costruzione risale al 1575. Fu eretta a difesa della chiesa omonima, ubicata al piano terra ed incorporata nelle sue mura.

Torre Columena o Colimena, antica vedetta abbarbicata sulle rocce è una torre molto famosa, presente nella cartografia fin dal secolo XVI. Sorge in località Paludi del Conte a pochi metri la costa ed è l’unica delle torri costiere superstiti ad essere abitata. Non compare nell’elenco del 1569 ma conosciamo il nome del terriero dell’anno 1582, un certo Monaco Donato. La possente base troncopiramidale poggia su un piano di fondazione e i volumi originali appaiono falsati dalle costruzioni presenti sulla parte superiore della torre.

Il territorio manduriano è segnato anche dalla presenza di numerose masserie, per l’esattezza sessanta di cui il 50% abitato. Sono masserie adibite perlopiù all’allevamento del bestiame ovino e bovino e la maggior parte presenta la tipologia a corte o a villa; alcune hanno inglobato nel loro complesso antiche torri, costruite a difesa delle coste dalle scorrerie dei pirati nel XVI secolo.

"Tratto da "Appunti di Viaggio - Iter attraverso le permanenze storico-artistiche della provincia di Taranto", testi di Maria Giovanna Russo Cadorna ed. Provincia di Taranto - Presidenza del Consiglio, 2001"

Per maggiori informazioni visita il sito del Comune di Manduria
Siti d'interesse turistico: Museo della civiltà del Vino Primitivo